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Il fenomeno dell’immigrazione oggi in Italia: una cornice statistica

di Alessio Menonna

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Riduzione degli ingressi

Dopo anni di crescita molto veloce delle presenze straniere in Italia – al ritmo anche di mezzo milione di unità all’anno, passando dai 2.300.000 stranieri presenti al 1° gennaio 2003 agli oltre 5.300.000 all’inizio del 2010, con un surplus complessivo di oltre 3 milioni di unità in 7 anni – l’immigrazione straniera sul territorio nazionale sembra ora decisamente destinata a rallentare i propri ritmi di crescita, con circa 70mila presenze in più stimate durante tutto il 2009 e meno di 30mila durante il 2010.

L’aumento, in quest’ultimo anno, è stato così pari ad un modestissimo tasso di crescita dello 0,5%.

Gli ultimi dati anagrafici sugli ingressi di cittadini non comunitari nel corso del 2011 mostrano circa il 40% di casi in meno rispetto all’anno precedente: una forte diminuzione che si è manifestata con particolare intensità in corrispondenza degli ingressi per lavoro, scesi del 65% rispetto al 2010 e verosimilmente condizionati dalle recenti difficoltà di ordine economico-occupazionale, ma che è comunque rilevante anche per le motivazioni di natura familiare.Inoltre, a fronte dei ridotti ingressi in Italia sono aumentate da una parte le acquisizioni di cittadinanza italiana e dall’altra sia i ritorni in patria sia le prosecuzioni dei progetti migratori in altri Paesi.

In ogni caso, attraverso l’integrazione del contenuto informativo delle diverse fonti ufficiali, in base alle più recenti stime di fonte ISMU si giunge quindi a quantificare in 5.400.000 unità circa la stima della popolazione straniera presente in Italia al 1° gennaio 2012, verosimilmente per il 95% proveniente da Paesi a forte pressione migratoria (Pfpm) e per circa il 90% dei casi con dimora abituale (residenti) in un comune italiano.

In questo contesto – certo non estraneo ai venti di crisi – gli irregolari sono stimati al 1° gennaio 2012 in meno di 350.000 unità e sono scesi al livello di 6 ogni cento presenti: essi sono circa 100.000 in meno rispetto al 1° gennaio 2011 e un valore minimo relativo mai osservato in passato, quando nel 2003 ad esempio erano irregolari nel soggiorno più di 21 stranieri ogni cento.

Sono invece circa 250.000 coloro che soggiornano regolarmente in Italia senza risultare iscritti in alcuna anagrafe, ovvero i regolari non residenti.Tab. 1 – Presenza straniera in Italia in migliaia di unità, per status giuridico-amministrativo. Anni 2003-2012. Migliaia di unità

La transizione verso una presenza più stabile

Se anche non vi è dubbio che i flussi migratori abbiano subito i contraccolpi della recente crisi economica e occupazionale, ciò non significa che il fenomeno della presenza straniera in Italia abbia però perso nel suo complesso vitalità e importanza nel sistema paese. Il passaggio dalle centinaia di migliaia di presenti in più che annualmente si conteggiavano fino a due anni fa alle poche migliaia emerse alla luce dei bilanci più recenti è stato accompagnato da un consistente incremento nella crescita dei regolari e ancor più dei lungo soggiornanti. L’impressione è che la comparsa della crisi abbia più che altro accelerato la transizione verso un modello di immigrazione meno “d’assalto” e più conseguente a progetti di vita “maturi e consapevoli”; una nuova prospettiva in cui emerge il ruolo centrale della famiglia immigrata, quale motore del radicamento e dei processi di integrazione nella società ospite.

Il percorso di maturazione (e di integrazione) del fenomeno migratorio nella società italiana passa per un progressivo incremento dell’anzianità media di presenza e i dati dell’ultimo quinquennio mostrano come due terzi dei circa 250mila cittadini non comunitari entrati in Italia nel 2007 vi risultino ancora presenti a cinque anni di distanza con un valido titolo di soggiorno, e tale incidenza appare più accentuata in corrispondenza della componente femminile.D’altra parte, i dati sull’universo extraUE mettono anche in luce un’ampia mobilità sul territorio italiano. Circa il 20% di chi è entrato nel 2007 ha rinnovato il soggiorno in una provincia diversa da quella di emissione iniziale del relativo permesso.

Chi è arrivato nel Nord-ovest si è mosso solo nel 17% dei casi, mentre la percentuale sale al 29% per chi è originariamente arrivato al Sud. Nel ruolo di province che hanno “trattenuto” una quota consistente degli arrivi in loco si segnalano: Bolzano (95%), Genova, Aosta e Imperia (tutte al 90%) e Trento (89%), così come le due maggiori province metropolitane: Milano (88%) e Roma (87%). Sono invece spesso solo una porta di passaggio alcune realtà del Mezzogiorno, tra cui Crotone (che ha trattenuto solo il 32% di coloro che hanno avuto il permesso in provincia nel 2007), Caltanisetta (46%), Foggia (50%), Potenza (53%) e Trapani (56%), destinate ad accompagnare la fase iniziale di un percorso migratorio che spesso trova sviluppo sul piano della stabilizzazione “più a nord”. Se ne ha chiara testimonianza osservando come l’universo dei lungo soggiornanti (o soggiornanti di lungo periodo)[1], che ben esprime il radicamento territoriale della presenza straniera, trovi riscontro soprattutto nelle regioni del Centro-nord: tale collettivo ha mostrato nel corso del 2011 una crescita più che doppia rispetto a quella osservata per il totale di soggiornanti regolari, mettendo a segno il passaggio oltre la soglia simbolica di un lungo soggiornante ogni due cittadini extra-UE regolarmente presenti in Italia.

I principali paesi di provenienza dei migranti La graduatoria, rispetto alla provenienza, delle maggiori incidenze di soggiornanti di lungo periodo vede ai primi posti, con percentuali superiori al 60%, alcuni paesi africani che hanno un’esperienza migratoria di lunga data – Algeria, Marocco, Tunisia, Ghana, Senegal – cui si aggiungono talune provenienze dall’area balcanica: Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Albania. Sul fronte opposto, con incidenza nell’ordine del 30-40% si collocano realtà variamente distribuite a livello planetario: si va dalla Cina a importanti esponenti dell’America Latina (Brasile, Argentina, Cuba), a rappresentanti dell’Est Europa (Federazione Russa e Moldova), sino a paesi dell’Africa sub-sahariana come Camerun, Eritrea e Somalia.

In generale, si ha l’impressione che nel passaggio alla lungo residenza incidano sia la storia migratoria dei diversi gruppi di cittadinanza, sia alcune scelte e prospettive del progetto migratorio, entro le quali un ruolo certamente di primo piano va assegnato alla famiglia e in particolare ai figli. In proposito, non è certo casuale che l’incidenza di lungo soggiornanti tra i minorenni non comunitari regolarmente in Italia sia di undici punti percentuali superiore al valore medio per la corrispondente popolazione totale (63% versus 52%).

Inoltre, dal confronto diretto tra il collettivo dei lungo soggiornanti e il complesso dei soggiornanti extraUE, mentre esce confermata la maggiore frequenza di minori entro il gruppo più radicato (con quasi cinque punti percentuali di differenza), si rileva altresì come i maschi lungo soggiornanti siano mediamente meno giovani (oltre due anni di età mediana in più) e soprattutto siano più frequentemente coniugati. Tale caratteristica, che ricorre (seppur in tono minore) anche in corrispondenza delle femmine, aggiunge argomentazioni alla tesi che vede nella famiglia un importante fattore di stabilità e di integrazione e, di riflesso, accredita l’importanza di ogni azione atta a favorirne sia la costituzione, o ri-costituzione, sia un suo equilibrato sviluppo.

Alessio Menonna

Fondazione ISMU, Milano Osservatorio Regionale per l’Integrazione e la Multietnicità

[1] Dall’8 gennaio 2007 (a seguito dell’adeguamento alla direttiva europea 2003/109) è stato introdotto, in sostituzione della carta di soggiorno per cittadini stranieri, il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Si tratta di un titolo di soggiorno a tempo indeterminato che può essere richiesto da chi ha maturato una presenza legale di almeno cinque anni.