Berto Salotti  Vai alla Storia

Per una economia della bellezza

Condividi:

L’essenza di Berto (www.bertosalotti.it) è che ad un certo punto anche il mondo di Meda e della Brianza, quel mondo che dai Maggiolini in poi, prima usando le pialle e poi le macchine, ha costruito milioni di mobili si accorge che qualcosa sta cambiando. Se volete una bella fotografia di questo snodo cercate in rete “Avanti Artigiani” il film che la Fondazione Bassetti ha dedicato agli artigiani della Brianza, ai loro volti intensi e appassionati, ai cambiamenti che stanno avvenendo in questa vasta area della Lombardia.Una volta, a Lissone, nei depositi della stazione ora trasformati in un centro di ricerca per il design un artigiano mi ha detto: “Qui stavano accatastati i mobili prima di partire per il mondo, se si pensa a Milano come alla testa, questa è la pancia del design”.La seconda generazione, quella che viene dopo quelli che il miracolo del design l’hanno fatto, fiuta nell’aria qualcosa di diverso. E questo qualcosa si chiama Internet: lo sente, lo vede in giro, ci fa pratica nei videogiochi, comincia a scambiarsi parole con l’e-mail e capisce che niente sarà più come prima.

L’invenzione di Berto è tutta qui, è non è poco. Dice: “Io sono quello che ha trasformato i tappezzieri in rock star”, il segreto di quel che ha fatto è in prima battuta questo. Capire che c’era uno spazio di fascinazione nel lavoro che faceva, uno spazio in cui il racconto si era spezzato, uno spazio che andava ricostruito. Dice spesso: “Questo lavoro non solo mi piace, questo lavoro io lo amo”.

Mettiamo nella sua biblioteca Richard Sennet (L’uomo artigiano) e Stefano Micelli (Futuro Artigiano), mettiamoci anche Francesco Morace (Il Talento dell’impresa), io so che li ha le tti, e andiamo avanti perché l’essenza di Berto e di quelli come lui, e per fortuna in Italia ce ne sono ancora molti, è che hanno la virtù di trasformare le idee in pratica.

Così comincia e mette la sua piccola azienda on-line: da Meda al Mondo. Dice: “Ho visto nella rete, un’occasione per competere con i giganti, noi così piccoli senza budget nei confronti di un mondo già affermato, già sui mercati internazionali. Internet ci dava la possibilità di raccontare quotidianamente, più volte al giorno, quel che di buono c’è nella nostra azienda”.

Ma poiché Internet è come un bambino e se vuoi accudirlo devi stare sveglio la notte e nutrirlo, le immense praterie della rete bisogna coltivarle di storie, e le storie debbono essere autentiche e plausibili, ed è qui che bisogna estrarre il senso migliore di quel che si fa, bisogna raccontare il talento delle mani e la bellezza che producono, e la grandezza di essere Brianza. Per compiacere la fame di conoscenza che la rete rappresenta bisogna “trasformare i tappezzieri in rock star”, occorre estrarre il meglio della propria esperienza e raccontarlo al mondo.Così fa Berto costruisce un racconto sulle meravigliose persone che lavorano con lui, traduce il sito in sei lingue e grazie alle vendite on line, in pochi anni, il fatturato quintuplica.

Ma il secondo aspetto, forse ancor più innovativo, di questa storia è che questo modo di raccontare a poco a poco diventa un modo di produrre. Berto capisce che Internet non è solo una vetrina aperta sul mondo ma anche un metodo nuovo per ragionare alla pari e per progettare. Questo spazio nuovo dove le informazioni viaggiano da punto a punto può essere anche uno spazio di produzione delle idee, uno spazio nuovo per progettare.

E così si inventa un “divano per Managua”, riunisce gli studenti artigiani di Meda e i progettisti e la gente comune, nei suoi laboratori sotto l’egida di Terres des hommes, l’associazione che lavora in difesa dei bambini del mondo. Sei sessioni di lavoro aperto e 600 mani, progettano e realizzano un divano che, venduto sulla rete, consente di realizzare due corsi di tappezziere per i ragazzi di Managua, ragazzi “meno fortunati dei nostri”.Una volta intrapresa questa strada che assieme a Micelli chiameremo di “crowd making”, il lavoro della moltitudine ai tempi della rete le idee si moltiplicano e diventano effervescenti.

La co-progettazione ha nell’industria una lunga storia, è stata usata per far lavorare i gruppi di progettazione sparsi per il mondo nelle grandi multinazionali, molti progetti avanzati in campo aero-spaziale sono fatti in questo modo. Ma qui stiamo parlando di gente comune e di oggetti quotidiani. E stiamo parlando di lavoro vivo e non di progettazione assistita dai computer.

L’esperienza dunque viene ripetuta a New York nel loft che Diego Paccagnella ha preso in “condivisione” per promuovere le eccellenze artigiane del nostro paese in America. Qui nasce “Sofa4Manhattan”, un progetto per la città fatto assieme alla città e si sviluppa in due fasi: giovani designer costruiscono un progetto dal cuore artigiano, un concept adatto alla città e un workshop/evento di un giorno intero, convocato dalla rete, valuta e corregge il prototipo.

Il crowd rafting, questa nuova modalità di fare le cose insieme che ha già contagiato la musica e l’arte passa la palla alla produzione dei beni comuni. “Per fare cose importanti non ci vuole un gran numero di persone, conclude Berto, ci vogliono persone grandi” e, aggiungo io, belle idee. Belle idee e belle persone, nel modo in cui lo diciamo noi italiani che attacchiamo la bellezza a qualsiasi soggetto. E forse è proprio questo – l’economia della bellezza – quel che ci salverà, quel che ci darà ancora una volta la forza per uscire dall’età oscura, come gli anglosassoni chiamano il medioevo.